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L’accordo del finanziere per commettere frode allo Stato.

Contenuto a cura
dell'Avv. Isabella Castiglione e dell'Avv. Marco Gaetano Malara
Data creazione: 17 Jul 2020
Data ultima modifica: 17 Jul 2020

 

Nel codice penale esiste la sommaria distinzione tra i reati comuni (commettibili da chiunque) e quelli propri (quelli addebitabili, per esempio, ad un pubblico ufficiale): nel sistema giuridico italiano, esistono, poi, dei reati che possono essere addebitabili a soggetti appartenenti all’esercito, ossia i reati militari, in violazione della legge penale militare.

I militari pertanto devono rispettare non solo le norme imposte per i soggetti comuni ma anche e soprattutto quelle norme relative alla funzione svolta.

Nello specifico, dall'art. 3 legge n. 1383 del 1941, il militare della Guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie, costituente delitto, o collude con estranei per frodare la finanza, oppure si appropria o comunque distrae, a profitto proprio o di altri, valori o generi di cui egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o su cui eserciti la sorveglianza soggiace alle pene stabilite dagli artt. 215 e 219 cod. pen. mil . pace, ferme le sanzioni pecuniarie delle leggi speciali.

 

Nel caso in cui il militare si accordi con un terzo estraneo al corpo militare per frodare le norme fiscali si ha una evidente lesione dell’interesse dello Stato alla sicurezza delle entrate, spezzando il rapporto di fiducia tra la Pubblica Amministrazione ed il militare, violando di fatto l’obbligo di fedeltà ed anche se la violazione, magari, sia avvenuta non in servizio. La Cassazione (cfr. sez. I n. 14146/2020) afferma, infatti, come da giurisprudenza costante, afferma che “il reato di collusione del militare della Guardia di finanza con estranei è integrato dal raggiunto accordo tra intraneus ed extraneus, inteso come mezzo per il conseguimento di un certo risultato offensivo, il cui verificarsi non è necessario per la consumazione del reato medesimo”.

L’accordo, pertanto, tra un militare e un soggetto comune al fine di frodare le entrate fiscali statali viene considerato come un reato di pericolo per il quale non è necessario che la condotta fosse attuata persino nell’ambito del servizio ma soltanto per l’effetto che l’agente rivestisse la qualifica di militare della Guardi di Finanza. Ancora sul punto la Suprema Corte specifica che colludere ha assunto nel tempo il significato di accordo segreto finalizzato al perseguimento di scopi illeciti.

La Cassazione, con altra pronuncia (sez. I n. 14820/2020) stabilisce che “Va, sul tema, riaffermato il principio di diritto secondo cui il reato di collusione militare previsto dall'art. 3 legge n. 1383 del 1941 ha natura di reato istantaneo che si perfeziona per il solo fatto del raggiunto accordo tra il militare e l'estraneo“. Tale delitto, pertanto, introduce una deroga al generale principio stabilito dall'art. 115 cod. pen., secondo cui l'accordo o l'istigazione alla commissione di un reato non sono di per sé punibili se non seguiti dalla effettiva commissione dello stesso, dato che la suddetta norma, non solo annette l'attribuzione di rilevanza penale al semplice accordo tra il finanziere e l'estraneo diretto alla commissione di un reato di frode fiscale, ma determina anche la punibilità dell'intesa collusiva mirata all'attuazione della frode fiscale mediante la commissione di illeciti finanziari penalmente irrilevanti, ovvero mediante comportamenti diretti ad eludere o sviare le attività di accertamento e controllo della polizia tributaria (Sez. 1, n. 45864 del 15/10/2014, Romano, Rv. 260845). E, per tale reato - di pericolo a consumazione anticipata che si perfeziona con il mero raggiungimento di un accordo tra il militare ed altro soggetto in frode alla finanza - non è configurabile il tentativo (Sez. 1, n. 37820 del 06/06/2019, Romano, Rv. 276840 - 02).


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