Il nuovo reato: introduzione clandestina di cellulare in carcere
1.761! sembra un numero di poco conto se non fosse troppo elevato visto il contesto al quale si riferisce.
Questo numero infatti è riferito a quanti telefoni cellulari sono entrati e poi sono stati ritrovati in carcere in Italia nei primi nove mesi del 2020.
Tale numero, nonostante la pandemia ed il lockdown, è drammaticamente elevato se rapportato ai dati degli anni precedenti: nel 2019 ne sono stati trovati, occultati nei modi più disparati, 1.204 e solamente 394 nel 2018.
Un incremento senza precedenti e che dimostra l’ingegno e la forza criminale delle varie mafie.
Avere a disposizione un cellulare in carcere è un notevole vantaggio per la persona ristretta e privata della libertà e delle comunicazioni con l’esterno in quanto, così, è possibile continuare a gestire i traffici illeciti e controllare ed impartire ordini alle persone all’esterno “comodamente al fresco” delle loro celle ovvero anche solo mantenere i contatti con i propri cari.
Per far entrare un telefono cellulare in carcere venivano usati i metodi più disparati, come inserirli all’interno del cibo scavato ad hoc per consentirne l’occultamento, venivano trasportati con dei droni e poi lasciati cadere all’interno delle mura della casa circondariale o, in modo più semplice, venivano inseriti in palloni poi calciati all’interno della casa di detenzione.
Ma, nonostante i numeri riscontrati ed in virtù di un vuoto normativo di carattere penale, l’introduzione e l’indebito possesso di cellulari o comunque apparecchi che consentono di comunicare con l’esterno, era configurato solamente come un illecito amministrativo, che dunque non scoraggiava tali attività.
A ciò ha posto rimedio il nuovo “Decreto Sicurezza” del 5 ottobre 2020 che ha introdotto una nuova fattispecie di reato per chi introduce e per chi detiene in carcere un cellulare.
Se in passato, come detto, tale violazione era considerata come una semplice violazione dei regolamenti della struttura penitenziaria, il nuovo reato per come disciplinato prevede una pena da 1 a 4 anni di reclusione sia per il soggetto sorpreso ad introdurre dette apparecchiature elettroniche in carcere, sia per il soggetto detenuto trovatone in possesso.
Ma non è tutto: è prevista infatti una aggravante nel caso in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da un avvocato, e la pena prevista in questi casi è la reclusione da 2 a 5 anni.
Vengono, infine, inasprite anche le pene per chi agevola un detenuto in regime di art. 41 bis della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario.
Chi agevola le comunicazioni tra in soggetto detenuto in regime di “carcere duro” e l’esterno rischia una pena 2 a 6 anni, mentre in passato la pena base era 1 anno e la pena massima di 5.
E’ prevista anche in questa ultima fattispecie l’ipotesi aggravata se il reato è commesso da pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o da un avvocato, con pena prevista da 3 a 7 anni di reclusione.
Questo inasprimento delle pene proverà a porre un freno all’illecita introduzione di cellulari all’interno delle carceri italiane e a fermare le comunicazioni clandestine tra detenuti e l’esterno.