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L'affidamento in prova ai Servizi Sociali

Contenuto a cura
dell'Avv. Marco Gaetano Malara
Data creazione: 14 Nov 2019
Data ultima modifica: 14 Nov 2019

 

 

L’ordinamento penitenziario prevede diverse forme alternative alla detenzione in carcere che possono essere richieste dal condannato in presenza di specifici requisiti previsti dalla legge. L’affidamento si divide in generale (ex art. 47 ord. Pen.) e speciale (ex. Art 94 testo unico sugli stupefacenti ed ex art. 47 quater ord. Pen)

Innanzitutto, per richiedere l’affidamento generale, il richiedente deve aver subito una condanna definitiva: l’art. 47 dell’ordinamento penitenziario indica requisiti e condizioni. A ben vedere il condannato colpito da una pena , o residuo di pena, può beneficiare dell’affidamento qualora non superiore a tre anni (art. 47, comma 1) o a quattro anni (art. 47, comma 3 bis) quando il reo abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da far ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla sua rieducazione e assicuri la prevenzione del pericolo che commetta altri reati (art. 47 comma 2).

L’affidamento in prova speciale per tossicodipendenti e alcoldipendenti può essere richiesto (ex art. 94 t.u. 309/90)dal tossicodipendente o alcoldipendente che abbia una pena detentiva inflitta, o un residuo pena, non superiore a sei anni; abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma di recupero; abbia concordato il programma terapeutico con la A.S.L. o con altri enti, pubblici o privati, espressamente indicati dall'art.115 d.p.r. 309/1990; possieda una certificazione, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o privata autorizzata, sullo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e sull'idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico. Alla stessa stregua l’affidamento in prova speciale per soggetti affetti da AIDS o da grave deficienza immunitaria (art. 47-quater) permette ai soggetti affetti da aids o da grave deficienza immunitaria l’accesso all’affidamento in prova generale anche oltre i limiti di pena ivi previsti.

La domanda si presenta al Tribunale di sorveglianza competente per il detenuto: una volta verificata l’istruttoria, il condannato lascia il proprio istituto penitenziario e viene controllato dall’ufficio di esecuzione penale esterna (cd. U.E.P.E.) che per il tramite di un programma specifico, verifica l’inserimento sociale del soggetto e la conseguente riabilitazione dello stesso. Parametri valutati nell’istruttoria sono la ricerca o l’inserimento in un contesto lavorativo (seppur tale requisito è condizione non necessaria ed univoca per il beneficio ex Cass. 16541/18), con il pieno reinserimento nel tessuto sociale con periodici controlli del condannato, come da relazioni che vengono fornite al Tribunale competente. In detto quadro, qualora il periodo dell’affidamento sia concluso positivamente, la pena viene dichiarata come estinta, così come ogni altro effetto susseguente. In caso di conclusione negativa o di interruzione dell’affidamento, il Tribunale di sorveglianza può revocare la predetta misura poiché dichiarato come incompatibile.

La Cassazione precisa che “affinché possa farsi luogo alla concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale – pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto – la considerazione di tale gravità, al pari dei precedenti penali, non è sufficiente, poiché è sempre necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, in ragione dell’esigenza, connaturata alla ratio dell’istituto, di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva” (cfr. Cass. n. 40341/2018).

La Cassazione ha confermato che (cfr. Cass. 45926/2019 )“ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell'analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l'esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l'esigenza di accertare non solo l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602).

La Cassazione, inoltre, conferma che (cfr. Cass. 45910/ 2019)”il Tribunale di Sorveglianza, al termine dell'esperimento, non dovendosi limitare a riscontrare il formale ossequio del condannato alle prescrizioni impartitegli, ben può tenere conto di qualsiasi elemento fattuale seriamente sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura: fatti e comportamenti che, riconducibili nel perimetro temporale della prova, si palesano, avuto riguardo alla loro qualità e gravità, come significativi e in grado di illuminare il processo rieducativo del condannato ai fini del reinserimento sociale e della auspicata prognosi di non recidivanza.”.


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