Diffamazione nella lingua dei segni Italiana. Sussiste nel caso in cui l'offesa sia stata recata con tale modalità di comunicazione?
Non ci capita quasi mai di pensare ai reati previsti dal nostro codice di rito con riferimento a delle particolari situazioni che – sebbene si presentino di rado – siano assolutamente degne di valutazioni da parte nostra (e soprattutto del legislatore).
La considerazione in questione è derivata dalla disamina di un articolo del codice di procedura penale, il 119, il quale prevede alcune garanzie per il sordo, il muto o il sordomuto.
Ad esempio è previsto che per il sordo le domande vengano disposte per iscritto con risposta orale, per il muto, viceversa, sarà la risposta ad essere data per iscritto.
Nel caso di soggetto sordomuto il tutto avviene per iscritto.
Solo nel caso in cui poi non sappiano leggere o scrivere, deve essere nominato un interprete scelto di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui.
Per quanto in parte garantista, questo articolo è lacunoso e discriminatorio ed è stato altresì destinatario di una questione di legittimità costituzionale.
La Corte Costituzionale con la sentenza 341 del 1999 dichiara “la illegittimità costituzionale dell’art. 119 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che l’imputato sordo, muto o sordomuto, indipendentemente dal fatto che sappia o meno leggere e scrivere, ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete, scelto di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui, al fine di potere comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa.”
Questo sulla base di un ragionamento che prende in considerazione l'imputato che non conosce la lingua italiana cui l'art 143 c.p.p. riconosce il diritto di farsi assistere da un interprete per essere in grado di comprendere quanto accade in giudizio. Tale garanzia non è prevista per il sordo, il muto, o il sordomuto per i quali la disposizione in esame viola il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione in quanto riserva tale “privilegio” solo all'imputato che non conosca la lingua italiana.
L'oggetto della considerazione in questione però, deriva proprio – a partire da tale disposizione – dalla lettura di quei reati che, per la loro punibilità, devono essere posti in essere con determinate condotte.
Il riferimento è, ad esempio, al reato di diffamazione.
Il codice penale all'art. 595 c.p. punisce “chiunque, […] comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione...”
Immediatamente al “comunicando con più persone” si fa riferimento alla lingua italiana verbale - salve le ipotesi previste dai successivi commi e articoli, dei casi di diffamazione con altri mezzi - e quindi soggetti che, parlando con terze persone, offendano la reputazione di un assente.
E nel caso in cui l'offesa sia recata comunicando, non con la lingua italiana verbale, ma con la lingua dei segni italiana? Non si integra il reato di diffamazione?
Giova premettere innanzitutto come tale lingua sia stata ufficialmente riconosciuta (insieme alla lingua dei segni italiana tattili) solo il 19 maggio 2021 con la conversione in Legge dell'art. 34 del Decreto Sostegni.
Il che forse ci fa già capire che una risposta precisa, univoca e derivante da norme di legge specifiche, alla nostra domanda, non si può dare.
Ma proveremo ad analizzare la questione alla luce dell'art.595 c.p. e dell'interpretazione.
È bene considerare infatti che per la configurabilità del reato di diffamazione, dottrina e giurisprudenza ritengono necessaria la comprensione e percezione dell'offesa da parte dei soggetti presenti, qualificando la diffamazione come reato di danno.
Alla luce di ciò è possibile fare la seguente considerazione:
Nel caso in cui un soggetto stia comunicando con la lingua dei segni ad altri sordomuti, offendendo la reputazione di un terzo soggetto, potrà sicuramente ritenersi integrata la fattispecie delittuosa se tutti gli altri soggetti abbiano compreso quel linguaggio. (o perchè sordomuti o perchè a conoscenza della lingua dei segni per altri motivi).
Quindi anche il mezzo di comunicazione della lingua dei segni potrebbe essere idoneo ad integrare il reato di diffamazione perchè altro non è che il modo di comunicazione usato tra soggetti che si trovino in delle particolari condizioni personali.
Sussisterebbero quindi tutti gli elementi per ritenere integrata la fattispecie in questione.
Ancora lo stesso ragionamento può essere fatto con riferimento alla diffamazione perpetrata con mezzi quali video. Anche il video, in lingua dei segni, diffuso tra soggetti che la comprendano, può integrare il reato di cui trattasi.
Diversamente, si ritiene, che un'offesa recata nella lingua dei segni tra soggetti che non siano in grado di capirla, non possa avere una valenza ai fini della punibilità delle condotte perchè mancano la percezione e comprensione dell'offesa.
Nel 2016 a è stato instaurato un giudizio dinanzi al Tribunale di Viterbo tra imputato e persona offesa entrambi sordomuti, per la diffamazione perpetrata tramite dei video in lingua dei segni. Tutto il processo, fortunatamente, si è svolto alla presenza di interpreti anche se il Giudice aveva indicato che tutte le domande avrebbero dovuto essere poste per iscritto.
Per concludere, nel caso in cui un soggetto ritenga di essere stato leso nella propria reputazione poiché è venuto a conoscenza di frasi diffamatorie diffuse in lingua dei segni e comprese dai presenti, potrà agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.