Il Diritto di Rifiutare l'Alcoltest
La guida in stato di ebbrezza costituisce una violazione del Codice della Strada italiano, con conseguenze amministrative e penali. L’alcoltest misura il tasso alcolemico del conducente, ma il rifiuto di sottoporsi a tale esame comporta implicazioni giuridiche specifiche, chiarite dalla Corte di Cassazione e recentemente aggiornate dal nuovo Codice della Strada. Questo articolo analizza la normativa vigente, gli orientamenti giurisprudenziali e le ultime sentenze della Cassazione, con un focus sull’inasprimento delle sanzioni per chi si rifiuta di sottoporsi al test.
L’articolo 186 del Codice della Strada equipara il rifiuto dell’alcoltest alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, prevedendo un’ammenda, l’arresto e la sospensione della patente. Il nuovo Codice della Strada introduce un inasprimento delle sanzioni, con sospensioni prolungate e misure più severe in caso di recidiva. La Cassazione ha confermato che, in caso di rifiuto, gli agenti non sono tenuti a informare il conducente della facoltà di farsi assistere da un avvocato (Cass. pen., Sez. IV, n. 47324/2024).
Per quanto riguarda i prelievi ematici in ospedale, il rifiuto non costituisce reato se non vi è un incidente che richieda cure mediche. Il nuovo Codice specifica che tale rifiuto è sanzionabile solo se collegato a un accertamento medico giustificato da motivi clinici (Cass. pen., Sez. IV, n. 51284/2017). L’articolo 131-bis del Codice Penale, che disciplina la particolare tenuità del fatto, può escludere la punibilità in circostanze specifiche. Tuttavia, il nuovo Codice della Strada limita questa possibilità nei casi di guida in stato di ebbrezza, riservandola solo a situazioni eccezionali (Cass. pen., Sez. IV, n. 37189/2022).
Il rifiuto dell’alcoltest comporta dunque conseguenze legali, ulteriormente aggravate dalle recenti modifiche al Codice della Strada, da adattare comunque e sempre al caso di specie.

