Il furto di identità digitale
Oggi, nell’era dei social network, degli influencer e degli acquisti tramite piattaforme web, tutti abbiamo una identità digitale che ci permette di accedere a questo mondo.
Tale identità ci è utile per cercare e rimanere in contatto con vecchi e nuovi amici su piattaforme come Facebook, “postare” eventi ed emozioni della vita quotidiana su social network come Instagram, acquistare beni su Amazon o fare operazioni bancarie senza muoversi da casa.
L’identità digitale infatti è quell’insieme di dati e informazioni che permettono ad un soggetto “reale” di poter entrare nel mondo virtuale e così poter compiere operazioni o accedere a servizi pubblici o privati.
Ma questa identità, oltre ad offrirci la possibilità di compiere diverse operazioni, può crearci dei problemi, soprattutto nel caso la stessa fosse oggetto di furto .
Il furto dell’identità digitale è l’utilizzo, da parte di un soggetto estraneo, dell’identità altrui al fine di trarne un vantaggio finanziario o screditare l’altra persona, e si concretizza mediante l’utilizzo delle altrui informazioni, come nome e cognome, conto bancario, o numeri di carte di credito.
Il furto dell’identità digitale avviene, nella maggioranza dei casi, tramite il cosiddetto “phishing”, cioè una “truffa informatica” che si concretizza attraverso messaggi di posta elettronica ingannevoli che, una volta aperti ed una volta inseriti I propri dati personali e riservati, comportano il furto dei dati del malcapitato di turno.
Cosa fare dunque in caso di furto dell’identità digitale?
L’ “identity theft” - o furto dell’identità - è punito dall’art 494 cp che, con le sentenze della Cassazione che ha adattato tale articolo alla citata fattispecie, sanziona anche i reati consumati con i nuovi mezzi di comunicazione, equiparando la sostituzione di persona al furto di identità digitale.
Pertanto integra il reato ex art 494 cp “la creazione ed utilizzazione di un profilo su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza” (cfr. Cass 38911/2018).
Orbene in questo la Suprema Corte evidenzia che è riconducibile al reato ex art 494 cp la creazione di un profilo “fake” su un social network, come ad esempio può essere Facebook, al fine di arrecare un danno ad un terzo, di cui è abusivamente utilizzata l'immagine.
Ma, allo stesso modo, “integra il reato di sostituzione di persona (articolo 494 c.p.) la condotta di colui che crei ed utilizzi un “account” ed una casella di posta elettronica servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’inadempimento delle obbligazioni conseguenti all’avvenuto acquisto di beni mediante la partecipazione ad aste in rete” (cfr. Cass 7808/2019).
Pertanto si evince che l’art 494 c.p. si applica e punisce ogni creazione di un profilo, su social network o la creazione di un indirizzo mail, al quale è associata non la propria immagine, ma l’immagine reale della persona offesa che si intende denigrare o, comunque, alla quale si vuole arrecare un danno.
Nel caso di furto della propria identità occorre subito informare le autorità competenti e, nel caso di furto di informazioni bancarie, bloccare immediatamente le carte o i conti interessati, prestando la massima attenzione, come nella vita reale, anche in quella virtuale perché anche in quest’ultima possono nascondersi spiacevoli sorprese.