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Assoluzione: l'avvocato lo paga...lo Stato!

Contenuto a cura
dell'Avv. Marco Conti
Data creazione: 06 Feb 2021
Data ultima modifica: 06 Feb 2021

Quando per l’imputato il processo si conclude con una sentenza di assoluzione (ex art 530 codice di procedura penale) - ovvero quando l’imputato viene assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste, o l'imputato non lo ha commesso, o ancora se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato - lo stesso può vedersi ristorato delle spese sostenute per approntare la sua difesa ed affrontare il processo penale.

Questo è infatti quanto stabilito dall’art. 1 comma 1015 della “Legge di Bilancio 2021” pubblicata in data 30 dicembre 2020 ed entrata in vigore il giorno 1 gennaio 2021.

Il richiamato comma specifica inoltre che la sentenza deve essere irrevocabile, ovvero passata in giudicato senza quindi alcuna possibilità di una ulteriore impugnazione.

La cifra stabilita per il ristoro è pari ad un massimo di euro 10.500.

La cifra stanziata non sembra altissima: la legge di bilancio stanzia 8 milioni di euro l’anno per questa ipotesi di rimborso delle spese sostenute dall’imputato andato assolto, ma proprio in questa cifra sta la ratio della norma.

Proprio non essendo una cifra altissima, così’ come il budget stanziato se si pensa al numero di cause pendenti in tribunale, quella del “rimborso” è una cifra che può applicarsi alla maggioranza dei giudizi che quotidianamente affollano ed ingolfano le aule dei tribunali.

Come detto in precedenza il procedimento penale deve concludersi con una assoluzione, ma ciò incontra dei limiti.

Il comma 1018 del richiamato articolo 1 infatti prevede che il rimborso in oggetto non e' riconosciuto in caso di assoluzione da uno o più capi di imputazione e relativa condanna per altri reati; in caso di prescrizione del reato o di estinzione del reato per avvenuta amnistia, o nel caso ancora di depenalizzazione dei fatti oggetto dell’ imputazione.

In relazione al tetto massimo del rimborso, pari ad euro 10.500, occorre anche qui una precisazione.

Il comma 1016 infatti stabilisce che il ristoro verrà “ripartito in tre quote annuali di pari importo, a partire dall'anno successivo a quello in cui la sentenza e' divenuta irrevocabile, e non concorre alla formazione del reddito”.

Pertanto non verrà versato in un’unica soluzione ma il pagamento sarà dilazionato in tre rate a partire dall’anno successivo alla irrevocabilità della sentenza.

Il prossimo decreto del Ministero della Giustizia, elaborato con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, definirà, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della Legge di bilancio, nello specifico le modalità ed i criteri di erogazione del rimborso in oggetto.

Al fine di ottenere il rimborso occorrerà inoltre la presentazione della fattura emessa dal difensore dell’imputato assolto circa l’attività difensiva svolta.

Dovrà pertanto essere indicata la causale l'avvenuto pagamento, ex art. 1 c. 1017, insieme al parere di congruità del Consiglio dell'ordine degli avvocati al quale è iscritto il difensore, nonché la copia della sentenza di assoluzione con l’attestazione della cancelleria del Tribunale della irrevocabilità della sentenza stessa.

Una decisione dunque che fa si che il soggetto che ha dovuto affrontare un procedimento, dalla fase delle indagini all’arrivo in aula, e un processo vero e proprio poi, possa richiedere la restituzione delle spese sostenute a titolo di onorario investite per la propria difesa.

Per inciso capita molto spesso che un’indagine, anche per reati gravi, si concluda con l’assoluzione dell’imputato a seguito di un lungo processo, processo che oltre al tempo ed alle restrizioni che può comportare per la libertà di un indagato prima e imputato poi, va ad intaccare anche il suo patrimonio, dovendo infatti l’indagato/imputato difendersi.

Nei casi di assoluzione ora l’imputato andato assolto potrà richiedere questo “rimborso” allo Stato che, stante la sussistenza di tutti i requisiti per come sopra descritti, provvederà al pagamento.


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