Delitto preterintenzionale
L’art. 43 del codice penale pone anche graficamente il delitto preterintenzionale tra il delitto doloso ed il delitto colposo.
Nella realtà il codice stesso prevede un solo reato di quella specie e cioè l’omicidio preterintenzionale previsto e punito dall’art. 584 del codice penale.
Il codice infatti stabilisce che “Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni”
A nostro modo di vedere, è sbagliato parlare di delitto che si posiziona tra il dolo e la colpa in quanto, l’agente coinvolto in tale fattispecie ha voluto (e pertanto si dovrebbe parlare di dolo e non di colpa) compiere il solo reato di lesioni, reato che è andato, nell’esecuzione dell’evento, al di là delle sue reali intenzioni e dalla cui conseguenza ne è derivata la morte della vittima.
Tale reato risulta quindi aggravato rispetto al reato voluto e ciò comporta irrimediabilmente un aggravamento anche della pena che dovrà essere irrogata.
In pratica tale delitto rientrerebbe tra i gruppi di reati aggravati dall’evento ma in realtà si discosta da tale gruppo in quanto legislatore ha creato un reato completamente autonomo: a titolo esemplificativo, nel caso in cui dopo l reato di lesione derivi la morte della persona, tale evento non è assolutamente voluto dal soggetto agente.
Nell’omicidio preterintenzionale, la volontà della morte della vittima in capo al soggetto accusato non si riscontra in alcun modo in quanto, se solo esistesse o si riscontrasse nella forma del dolo eventuale il soggetto responsabile risponderebbe di omicidio doloso previsto ex art. 575 c.p.. La Cassazione infatti precisa: “la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte, mentre nell’omicidio volontario la volontà dell’agente è costituita dall’ “animus necandi”, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta” (cfr. Cass. n. 14647/2014).
Lo studio si è occupato dall’evento che ha coinvolto il giovane Alessio Burtone condannato per aver causato la morte della Maricica Hahaianu presso la stazione metro Anagnina di Roma. Nella requisitoria del processo, lo stesso Pubblico Ministero riconosceva la mancanza dell’intenzione in capo al giovane di uccidere la vittima.
Alcuni giuristi affermano quindi che nel reato preterintenzionale, l’agente risponde di delitto doloso per il reato di lesioni e di delitto colposo per l’evento che è andato al di là della sua intenzione. Nel rispondere nella forma del dolo per il solo reato di lesioni, la pena prevista per il delitto in esame è alquanto alta: il margine tra la pena massima prevista per il delitto preterintenzionale (massimo 18 anni) e la pena minima per il delitto doloso (minimo 21 anni) è esiguo.
La Cassazione ritiene configurabile il reato di omicidio preterintenzionale nella condotta di chi, attraverso un gioco erotico di sodomizzazione, non già diretto a provocare piacere sessuale, bensì posto in essere per infliggere un dolore o una punizione, al di fuori di un rapporto consensuale, provoca la morte della vittima come conseguenza della volontà di manomettere l'altrui persona in modo violento (cfr. Cass. 18048/18).
Ne consegue che vanno esclusi l’eccesso di legittima difesa e la legittima difesa putativa, allorquando l’aggressore attenti con arma da taglio all’incolumità di un uomo disarmato mirando a zone vitali del corpo, senza presentare a sua volta alcuna lesione dimostrativa di un’aggressione patita (cfr. Cass. 15460/18).
Il delitto preterintenzionale è pertanto da considerarsi una figura completamente autonoma di delitto previsto dall’art. 584 c.p.: solamente in fase istruttoria si può condurre l’attenzione del Giudicante verso il reato di lesioni invece del reato di omicidio doloso.