Il giudizio direttissimo
Nel codice di procedura penale, viene individuato nei riti speciali il giudizio direttissimo che trova applicazione a seguito dell’arresto di una persona colta in flagranza di un reato (ex art. 380 c.p.), ovvero quando nel corso dell’interrogatorio davanti al P.m., la persona abbia reso propria confessione.
Qualora il Pubblico Ministero, che ha l’esercizio dell’azione penale, ritiene che sussistano i presupposti dell’arresto dell’indagato secondo la legge, ne dispone la traduzione davanti al Tribunale ritenuto competente affinchè il soggetto venga giudicato. Il giudizio consta di due fasi: la prima della convalida dell’arresto – si discutono appunto le modalità fattive del fatto reato e del conseguente arresto – ed una fase successiva per la definizione della pena per il fatto reato.
Se l’arresto viene convalidato, il Tribunale può applicare una misura al soggetto presentato (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari, obbligo di presentazione alla Pg per la firma, divieto di dimora, obbligo di dimora, divieto di avvicinamento) in attesa del giudizio di merito, che potrà a sua volta articolarsi in giudizio ordinario, giudizio abbreviato, applicazione della pena su richiesta delle parti o messa alla prova.
Se l’arresto non viene convalidato, il Giudice restituisce gli atti al Pubblico Ministero.
Solitamente vengono presentati al Tribunale per il giudizio direttissimo soggetti colti in flagranza per reati di furto, furto nei supermercati o in appartamento, piccolo spaccio di droga, resistenza a pubblico ufficiale, evasione. Fondamentale è che l’arrestato deve essere presentato dal PM al Tribunale entro 48 ore dall’arresto ed entro le successive 48 ore deve celebrarsi il giudizio direttissimo.