Il giudizio per il risarcimento da danno medico
Orbene come affrontato in altri approfondimenti, la legge Gelli Bianco ha tentato di snellire (soprattutto in termini di durata) i procedimenti per ottenere il risarcimento dei danni subiti da responsabilità medica. Essenzialmente, accanto al metodo “tradizionale” – anch’esso comunque modificato – di citare in giudizio i soggetti che si ritengono responsabili, vi è la possibilità di demandare l’azione davanti a tecnici.
Ma procediamo con ordine: qualora si voglia seguire il metodo “tradizionale”, per il tramite della classica citazione, si dovrà preliminarmente esperire il procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità – istituito per il tramite del Dlgs 28/2010 – presso un Organismo di mediazione accreditato. In quella sede, verranno convocati i soggetti ritenuti responsabili con i quali, qualora accettassero l’invito, si potrebbe aprire un tavolo di trattazione della materia introdotto dal soggetto che ha subito un danno di natura medica. Nel corso della trattativa, il mediatore, anche separatamente, potrà sentire le parti, agevolando in qualche modo la composizione della vertenza, al fine di scongiurare il giudizio, nominando un proprio consulente al fine di determinare il nesso di causalità e l’eventuale risarcimento. Qualora invece i soggetti chiamati non intendessero partecipare all’invito ovvero tutti i partecipanti non addivenissero ad un accordo concreto, il soggetto che ha azionato in giudizio ha la possibilità di adire i medesimi ritenuti responsabili davanti al Tribunale civile competente per vedersi riconoscere le proprie ragioni.
Come detto, la normativa prevede un altro “metodo” per la richiesta del risarcimento: tramite l’accertamento tecnico preventivo (ex art. 696bis c.p.c.) si instaura un giudizio davanti al Tribunale civile competente, il quale nomina un proprio consulente ed invita le parti, chiamante e chiamata nonché le compagnie di assicurazione della parte chiamata, a nominare i rispettivi consulenti, i quali dovranno non solo accertare l’eventuale danno ma anche “mettersi d’accordo”, qualora la domanda fosse fondata, sulle somme riconoscibili al danneggiato. I termini stabiliti per detta procedura sono molto più rapidi (la norma prevede che detta procedura deve durare fino a 6 mesi dal deposito della richiesta) rispetto al metodo “tradizionale”: per decidere nel merito del danno, all’infuori degli aspetti prettamente tecnici, si dovrà instaurare un conseguente giudizio di merito (entro 90 giorni dal deposito della relazione del consulente di ufficio o dalla scadenza del termine dei 3 mesi) seppur estremamente sommario, ex art. 702 bis c.p.c..
Pertanto se il metodo “tradizionale” comporta un periodo istruttorio sensibilmente più lungo permette comunque un’analisi più approfondita della vicenda da esaminare, sotto sia il profilo giuridico che il profilo meramente tecnico, mentre il metodo dell’accertamento tecnico preventivo e dell’eventuale conseguente giudizio sommario di cognizione è sicuramente più rapido in termini di durata e comporta l’immediato accertamento dell’eventuale danno.
La scelta processuale deve essere valutata caso per caso, in base alle esigenze innanzitutto del soggetto leso ed in secondo delle disponibilità di attesa della soluzione della vicenda.