Il consenso informato in ambito sanitario
Durante il ricovero presso una struttura ospedaliera e prima, ove possibile, di un intervento chirurgico, il paziente viene informato sull’andamento dell’intervento stesso, sulle conseguenze, sui possibili rischi e sulle eventuali cure alternative, la mancanza o la presenza presso la struttura di un macchinario specifico, delineando il bilancio dei rischi reali e vantaggio dell’intervento secondo le norme scientifiche e della statistica medica: tale informazione è assolutamente necessaria in quanto il paziente deve essere in grado di conoscere tutti gli aspetti dell’operazione alla quale andrà a sottoporsi e manifestare il proprio consenso a tale trattamento: nel corso del tempo infatti si è affermato il diritto del malato alla autodeterminazione del trattamento sanitario, in modo tale che il sanitario ha l’obbligo di informare il paziente che deve manifestare il proprio consenso. Non risulta necessario il consenso nel caso di trattamento sanitario obbligatorio, se il paziente dichiara di non voler essere informato – in questo caso viene riportato in cartella con la firma del paziente - , nel caso di intervento di necessità e urgenza o nel caso in cui il paziente non possa in modo assoluto esprimere il consenso richiesto.
Quindi da un lato vi è il diritto del malato – quale diritto inviolabile costituzionalmente garantito - a scegliere la cura che ritiene migliore, secondo gli strumenti che gli sono resi dal sanitario e dall’altro l’interesse alla salute generale: “l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario – fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato d’urgenza ed il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà – determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 della Costituzione, quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo a prescindere quindi della presenza di conseguenze negative sul piano della salute e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.” (Cass 17022/2018).
Pertanto, il consenso va rilasciato in forma libera, sebbene debba essere documentato per iscritto o in forma video registrata poiché il rilascio deve essere allegato obbligatoriamente alla cartella clinica: il consenso orale è invalido. Il consenso informato si applica anche a quelle operazioni complementari assolutamente necessarie non sostituibili con tecniche mediche più sicure: nel caso pertanto di una eventuale complicanza o della necessarietà di un intervento maggiormente invasivo – per il quale il consenso non era stato rilasciato - durante l’operazione, l’originario consenso si estende anche a quelle fattispecie complementari.
Il consenso informato deve essere quanto più dettagliato possibile e non utilizzando moduli prestampati con indicazioni generiche per categorie di intervento: il sanitario ha il precipuo compito di spiegare al paziente l’importanza del consenso informato e del suo contenuto, poiché per il tramite del trattamento sanitario invasivo si va ad intaccare un diritto fondamentale della persona, come sopra spiegato. La mancata raccolta del consenso non comporta la nullità del contratto della prestazione sanitaria ma il risarcimento del danno per il mancato consenso.
Le "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento" introdotte con la legge 22 dicembre 2017, n. 219, prevedono tra l’altro che :"Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole".
Il consenso deve essere acquisito anche dai soggetti incapaci naturali e legali minori, interdetti, inabilitati ed amministrati in base alle norme del codice civile in materia di amministratore di sostegno, tutori o curatori speciali.
In aiuto a comprende gli eventuali danni collegati al consenso informato, interviene la Cassazione con la pronuncia 28985/2019, rientrante nel decalogo delle San Martino – 2, affidando a criteri specifici la determinazione del danno secondo i seguenti parametri:
a) il caso di omessa insufficiente informazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi, nelle medesime condizioni, hic et nunc: in tal caso il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente, nella sua duplice componente, morale e relazionale;
b) il caso di omessa insufficiente informazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà esteso anche al danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente;
c) il caso di omessa insufficiente informazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute (inteso anche nel senso di un aggravamento delle condizioni preesistenti) a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto alla autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione alla salute - da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – andrà valutata il relazione all’eventuale situazione differenziale tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto;
d) omessa informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente, cui egli avrebbe comunque scelto di sottoporsi; in tal caso nessun risarcimento sarà dovuto;
e) omissione/inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato alla salute del paziente, ma che gli ha tuttavia impedito di accedere a più accurati ed attendibili accertamenti: in tala caso, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, alla autodeterminazione sarà risarcibile qualora il paziente alleghi che, dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente – salva la possibilità di provata contestazione della controparte.
Pertanto l’eventuale danno alla salute – conseguente per l’errata o erronea operazione – e il danno da violazione dell’obbligo di informazione del paziente sono due danni autonomi e distinti.